Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/266

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Giacchè i Grandi si permettevano di praticare tali avanìe, e prepotenze in Italia, si può facilmente congetturare ciò, ch’essi ardivano di commettere nelle Provincie, e soprattutto nelle più remote, ove forniti di assoluto potere si trasferivano in qualità di Comandanti. Tutti gli Istorici, i Filosofi, e i Poeti di quei tempi sono ripieni di lagnanze per rispetto alle ruberie, e crudeltà, che esercitavansi uelle Provincie. La stessa Roma trovavasi del continuo ingombra di schiere d’infelici, che per se medesimi, o a nome delle saccheggiate Provincie imploravano soddisfazione, e vendetta. Se anche sotto i più rigorosi e migliori Imperatori i Comandanti, o le proprie donne, i loro Liberti, Uffiziali, e soldati non rubavano solamente le cose preziose, e il danaro, ma le mogli, ed i figli dei sudditi, e vendevano pubblicamente ad alto prezzo di sangue1 la vita stessa d’insigni Romani Cavalieri; quanto più sfacciati, e rapaci esser non dovevan quei ladri, e quei mostri che sotto un Caligola, un Claudio, un Nerone, e un Domiziano entravano spesse volte nelle Provincie come se fossero altrettante Terre nemiche coll’espresso comando di rubare, ed uccidere, o almeno con la protezione, e il favore dei spensierati, ed inaccessibili Tiranni. Al tempo di tali Monarchi i maltrattati sudditi non trovavano quasi più alcun ascolto, o se pure i delin-

  1. Tacit. Annal. IV. 72. XIV. 31. Plin. Ep. II. 11.