Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/30

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peva assai meglio di lui regolarsi con prudenza e moderazione nella fortuna, rinunziò costantemente, e sul serio il Consolato perpetuo, la Dittattura, e soprattutto l’offertagli Divinità e adorazione divina, unicamente contentandosi di essere considerato qual capo e protettore del popolo1. Ad onta però di questi suoi noti sentimenti, e del sincero contraggenio da Lui spesse volte manifestato verso qualsivoglia umiliante ed indegna adulazione, Egli dovette per tutto il corso del suo Governo lottar del continuo contro la servile compiacenza, che il Senato e la Plebe nutrivano di dedicarsi alla schiavitù del pari che contro l’assoluto Despotismo, di cui volevasi investirlo a qualunque costo2. Augusto carezzava così poco la Plebe, s’affaticava talmente a correggere i primi ordini dello stato, permetteva che il popolo, ed

  1. Svet. in vita Aug. c. 52. 53.
  2. Svet. in Aug. c. 53. Domini adpellationem, ut maledictum et opprobrium semper exhorruit. Cum spectante eo ludos pronuntiatum esset in mimo: o dominum aequum et bonum! et universi quasi de ipso dictum exultantes comprobassent: et statim manu vultuque indecoras adulationes repressit, et insequenti die gravissimo corripuit edicto, dominumque se posthac adpellari, ne a liberis quidem aut nepotibus suis, vel serio vel joco, passus est. — e nell’antecedente capitolo leggesi quanto segue: Dictaturam magna vi offerente populo, genu nixus, dejecta ab humeris toga, nudo pectore deprecatus est.