Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani I.djvu/31

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il senato prendessero parte in tanti pubblici affari, conduceva una vita così semplice e privata nell’interno del suo palazzo, uguagliavasi a tal segno in tutte le circostanze agli nitri senatori, e con tale e cotanta sollecitudine sfuggiva l’occasione di far comparsa di ogni arbitrario, e militar potere1, che se i Romani stati fossero capaci di una moderata costituzion di governo, o di una Monarchia limitata dall’influenza del popolo, e dall’autorità dei Grandi, n’avrebbero potuto gettar le basi sotto lo stesso Principe2. Ma i vizj del popolo a fronte di tutti gli sforzi, e dell’ottime disposizioni di Augusto strascinarono senza indugio il Senato al despotismo, di maniera che devesi soprattutto e unicamente attribuire al prelodato Monarca, se il di Lui governo non si rese così arbitrario e tirannico come lo furono quelli dei suoi più prossimi successori. Augusto aveva così poco aspirato a formarsi un assoluto dominio, ed era così poco rimasto contento di trovarsene in possesso che per ben due volte pensò seriamente di deporre ancora la dignità di Capo, e di Protettore di tutto il popolo . Il motivo però, che oltre alla sua propria sicurezza risolver lo fece a ritenere questa prima carica dello Stato, già

  1. Svet. in Ang. c. 53.
  2. Augusto dovette inclusive con varj artifici e gastighi costringere i priimarj Romani a portarsi in Senato. Dio Cass. L. 55. c. 3.