simi le statue di Tiberio e di Sejano, rinnovando sempre più le lor premurose e importune istanze che sì questo, che quello accordassero al senato il favore, di venerarli personalmente. Tiberio all’opposto, e il suo favorito non venivano, a cagion di questo giammai in città o nelle vicinanze di essa, ma abbandonando appena qualche volta la loro Isola toccavano soltanto la spiaggia della campagna. Tostochè per altro giungevane in Roma la nuova, i Senatori, i Cavalieri, e una gran parte del Popolo correvano a quella volta, disputavansi a gara la sorte di veder Sejano, stavano giorno e notte in aspettazione di questa grazia, non solo soffrivano colla maggior pazienza l’alterigia, e la ruvidezza di costui, ma ben anche quelle de’ suoi schiavi portinaj ed uscieri, e credevan poscia di esseri più felici di tutti gli uomini, coloro che eran giunti al suo cospetto, come all’opposto pieni di angustia e di spavento se ne tornavano in città gli altri, cui egli accolti non aveva, o degnati di qualche particolar conferenza. È noto ad ognuno, dice Tacito, che l’orgoglio di Sejano si accrebbe oltremodo per la vergognosa umiliazione, che i primarj Romani spiegavano pubblicamente in tal circostanza1. Costoro, che si facevano conoscere sempre più vili ed abietti di quello che erano
- ↑ Satis constabat auctam ei arrogantiam foedum illud in propatulo servitium spectanti. I c.