Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani II.djvu/104

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di fiori; ed era difficile di trovare un viaggiatore così incurante dei numi il quale fermato non si fosse a far orazione presso questi sacri, e divini oggetti1. Apulejo tacciò come di una imperdonabile irreligione il suo avversario perchè questi offerto non aveva agli Dei, che lo vestivano, ed alimentavano nè le primizie dei frutti, nè quelle delle greggi, e delle viti; perchè non vedevansi ne’ suoi poderi, nè cappelle nè sacri boschi, o altri luoghi sacri, e nè tampoco una pietra unta, o una frasca guarnita e inghirlandata di fiori2. Tutti questi pubblici atti di religione non sembravano però sufficienti ai superstiziosi Greci e Romani per assicurarsi la grazia, e la protezione degli Dei. Essi facevansi iniziare ancora nei misteri della maggior parte delle straniere divinità, e le più stravaganti donne, e i più empj tiranni si compiacevano di soffrire per tali iniziazioni i digiuni, le astinenze, ed altre mortificazioni le più rigorose non meno che a deformarsi persino il corpo, e in special modo la testa3. Apulejo vantavasi perciò d’innanzi ai suoi Giudici delle proprie iniziazioni, e

  1. Apul. Flor. L. I. p. m. 217. Lucian. III. 534.
  2. Apul. I. p. m. 350.
  3. Veggasi Juv. Sat. VI. Apulej. nelle sue metamorfosi XI. p. 212. — 15. Spart. in Pesc. Nigr. c. 6.