Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani II.djvu/131

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tori avea ben ragione di sostenere, che la Romana eloquenza fosse giunta al suo tempo alla maggior perfezione1, (imperocchè il linguaggio degli Oratori Romani era allora capace di adottare tutte le bellezze, o gli abbellimenti con cui i Giureconsulti Greci ornate avevano le loro Opere, e poteva al pari della Greca favella esprimere e far nascere qualunque pensiero ed affetto, allorchè si parlava alla presenza del Popolo, del Senato, e dei Giudici) ma nel tempo stesso bisogna confessare, che fu in Cicerone un eccesso del maggior patriottismo il dire, che la lingua Romana della di cui povertà egli medesimo in molti luoghi, ed anche Lucrezio amaramente si dolsero, fosse del pari, ed inclusive più ricca di termini che la Greca2. La cultura della Romana lingua era nell’età di Cicerone molto parziale, e limitata. Questa lingua non mancava certamente dei necessari vocaboli per tutte le sorte di affari

    te saepe legisse certo scio, quatuor et triginta tum habebat annos, totidemque annis mihi praestabat. Quod idcirco posui, ut dicendi latine prima maturitas iu qua aetate extitisset, posset notari; et intelligeretur jam ad summum paene esse perductam, ut eo nihil ferme quis quam addere posset, nisi qui a philosophia, a jure civili, ab historia fuisset instructior.

  1. Tasc. Auaest. II. 2 .
  2. De Fin. I: c. 3.