Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani II.djvu/143

Da Wikisource.

139

quest’uomo sono pieni di quei dolci errori dai quali può essere facilmente corrotto un buono stile. Voci, e trasposizioni di parole inusitate, e ripugnanti allo spirito della Romana lingua, un dialetto oltremodo figurato, ed imaginoso, esagerate, e gigantesche metafore, e similitudini, intempestive declamazioni e descrizioni, freddi giuochi di parole, ed artificiose antitesi, mancanza d’ogni ordine, e di giusta conseguenza di pensieri, vergognosa incostanza d’opinioni; e di giudizj ed una all’estremo incommoda, e non periodica concisione di stile dominano in tutte le opere di Seneca. Questi difetti che già da se soli eccitato avrebbero il gusto dei corrotti Romani divennero tanto più lusinghieri, e pericolosi in quanto che essi molte volte trovavansi uniti colle più felici parole, ed immagini, coi più sublimi, e nuovi pensieri, e colle più mirabili descrizioni per riguardo specialmente ai costumi delle persone di quel tempo1. L’esube-

  1. Dalla nota che ho fatta dei termini nuovi, ed inusitati introdotti da Seneca nelle sue opere io non riporto quì che i seguenti, circa ai quali credo di poter sostenere con una certa fiducia che Cicerone, e Cesare non gli avrebbero giammai adottati, o che essi almeno erano del lutto inutili, e non vennero inventati che per dare una tal quale novità, ed energìa, allo stile. Consol. ad Helviam: ad vitiosam