Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani II.djvu/150

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chè gli oratori aspiravano più al vanto di cantare con grazia, ed all’uso teatrale, di quello che di parlare con energia così per formarsi una buona voce, o conservarsela impiegavano essi una diligenza, ed una premura tale di cui piuttosto avrebbero dovuto far uso nel coltivare, e correggere la loro mente ed il lor carattere1. La voce, ed il gesto erano perfettamente consimili all’espressione, o esposizione delle cose. Siccome veniva preferito ogni corpo umano feminilmente arricciato e forbito, ed anche mostruoso, a tutti gli altri che risplendevano d’incorrotta bellezza, così stimavasi pure assai più una lingua affettata e ricca di soverchj vezzi ed abbellimenti di quello che

    loco plerique jactant, cantari, saltarique commentarios suos. Unde oritur illa foeda, et praepostera sed tamen frequens quibusdam exclamatio, ut oratores nostri tenere dicere, histriones diserte saltare dicantur.

  1. Casaubono ad Pers. p: 63. 67. 125. descrive i vergognosi sforzi che facevano gli Oratori ad oggetto di render dolce, e molle la loro voce. I Romani acquistarono dai Greci Retori, perciò biasimati da Tullio, questo trasporto, di formarsi una voce da donna. de Orat. I. 59. Quando Cesare udiva qualcuno leggere con una cantante voce feminile, ei d ceva: si cantas, male cantas: si legis, cantas. Anche Quintiliano descrive la voce degli Oratori del suo tempo, come in canticum dissoluta, et plasmate effoeminata I. 8. Così Plinio II. 14. Ep.