Pagina:Storia della decadenza dei costumi delle scienze e della lingua dei romani II.djvu/86

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Con egual leggerezza i Romani Giovani correvan in folla negli anfiteatri, nei bagni, nelle cucine dei Parasiti, nei luoghi io cui venivano istruiti, ed esercitati i comici, i ballerini, e i suonatori non che nelle case di pubblico bordello, e portavansi unicamente ad udire i filosofi quando gli tormentava la noja nelle giornate piovose, ed oscure, ovvero in quelle in cui essi procurar non potevansi una distrazione più dilettevole.1 V’erano persino varj soggetti così deboli di capo, i quali per molti anni stavano ad ascoltare un filosofo, e gli sedevano per così dire al fianco senza esserne perciò notabilmente istruiti, e corretti; ma la maggior parte degli uditori consisteva in certi individui i quali frequentavano le scuole dei filosofi per la medesima ragione con cui si trasferivano ai teatri.2 Costoro non vi andavano

    in media oratione de maximis rebus, et gravissimis disputantem philosophum omnes unctionis caussa relinquunt. Ita levissimam delectationem gravissimae, ut ipsi ferunt, utilitati anteponunt.

  1. VII. 32. Quaest. Nat. Sen. Ad sapientiam quis accedit? quis dignum judicat, nisi quam in transitu noverit? Quis phiiosophiam, aut ullum liberale respicit studium, nisi cum ludi intercalantur, aut aliquis pluvius intervenit dies, quem perdere licet?
  2. Ep. 108. Senec. Quid ergo? non novimus quosdam qui multis apud pliilosophum annis persederint, et ne