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vigatori italiani (Ilha da Madeira dei Portoghesi), e che la loro Gezyret Raqa o isola degli uccelli sia identica a Porto Santo. Tra le leggende cristiane, quella di San Brandano pare che accenni pure a quelle due isole sotto nomi analoghi a quelli dei geografi arabi; ed anzi i cartografi dei secoli posteriori al secolo XI inscrivono nei loro portolani la denominazione generale di Insula fortunatae Sancti Brandani. Ma le carte del secolo XIV rappresentano queste isole in modo più certo e più preciso, senza tralasciare le piccole isole deserte e le isole selvaggie che fanno, con esse, parte dell’arcipelago o gruppo di Madeira; e a questo proposito accenniamo una circostanza analoga a quella che abbiamo detto per le Canarie e le Azore, che cioè le denominazioni appartengono senza eccezione alla lingua italiana, dal che è giuocoforza conchiudere che agli Italiani, e in particolare ai Genovesi, l’Europa neo-latina andò debitrice della effettiva rivelazione di questo arcipelago africano1. E qui non sarà inutile riportare i nomi coi quali quelle isole sono indicate nel Portolano mediceo (1351), nella carta dei fratelli Pizigani (1367), nella carta catalana del 1375, e nelle due carte, pure catalane, del 1384 e del 1413.

1) Portolano del 1351: Porto Santo (Porto Feno) — Madeira (Y. de Legname) — Deserte (Y. deserte).

2) Carta del 1367: Porto Santo (Ysole Brandany) — Madera (Ysola Canaria) — Deserte (Ysola Capirizia).

3) Carta del 1375: Porto Santo (Porto Sco.) — Madeira (Insula de legname) — Deserte (Insulta deste) — Selvaggie (Insula salvatge).

4) Carta del 1384: Porto Santo (Porto Santo) — Madeira (Y. de legname) — Deserte (Desertes) — Selvaggie (J. Salvaz).

5) Carta del 1413: Porto Santo (Porto Santo) — Madeira (Y. de Lenyame) — Deserte (Insula deserte) — Selvaggie (Insule selvages).

56. Nicoloso da Recco (a. 1341). — La più antica descrizione dell’arcipelago delle Canarie si trova in uno scritto latino di Giovanni Boccaccio, pubblicato per la prima volta nell’anno 1826 da Sebastiano Ciampi, nel quale si racconta



  1. D’Avezac, op. cit., pag. 116.