Pagina:Storia della letteratura italiana - Tomo I.djvu/319

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a parer di Seneca, sì eloquente passo, che ci gioverà ad avere un saggio dello stile di questo Scrittore52

Hujus ergo viri tot tantisque operibus mansuris

in omne ævum prædicare de ingenio atque industria supervacuum. Natura autem pariter atque fortuna obsecuta est. Ei quidem facies decora ad senectutem, prosperaque permansit valetudo: tum pax diutina, cujus instructus erat artibus, contigit, namque a prisca severitate judicis exacti maximorum noxiorum multitudo provenit, quos obstrictos patrocinio incolumes plerosque habebat. Jam felicissima consulatus ei sors petendi, & gerendi magna numera, Deum consilio, industriaque. Utinam moderatius secundas res, & fortius adversas ferre potuisset, namque-utræque cum venerant ei, mutari eas non posse rebatur. Inde sunt invidiæ tempestates coortæ graves in eum, certiorque inimicis aggrediendi fiducia: majore enim simultates appetebat animo, quam gerebat. Sed quando mortalium nulli virtus perfecta contigit, qua major pars vitæ atque ingenii stetit, ea judicandum de homine est. Atque ego ne miserandi quidem exitus eum fuisse judicarem, nisi ipse tam miseram mortem putasset. Ella è cosa troppo pericolosa il giudicare dello stile, e più ove si tratti, come diciamo, di lingua morta, di cui non possiamo appieno conoscere l’indole e la proprietà. Nondimeno, se mi è lecito il dire sinceramente ciò ch’io ne sento, a me pare che Pollione, che trovava assai che riprendere in Cicerone, che credeva negligentemente scritti i Commentarj di Cesare, e che scopriva in Livio un certo stil Padovano, di cui altri non si avvedeva, non possa in 165 questo passo, il più eloquente di tutte le sue Storie, venire al confronto né con Livio, né con Cesare, né con Cicerone. Ma ritorniamo agli Storici.

X. Ottavio Augusto vuole egli ancor tra gli Storici essere annoverato. Svetonio racconta53

, che parte della sua vita aveva egli scritto divisa in tredici libri. Pare, che fosse questo il costume di tutti gli uomini grandi del tempo, di cui parliamo, di scrivere essi stessi le loro imprese. Emilio Scauro, Lutazio Catulo, Cornelio Silla, Cesare, e Cicerone ne avean dato l’esempio. Augusto, ed anche M. Vipsanio Agrippa di lui Gene