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Parte I. 23

piccola somiglianza tra ‘l lor sistema e la narrazion di Mosè. L’intervallo della creazion delle cose è troppo diverso; ma l’ordine dello stesso intervallo è quasi pienamente conforme. Anzi le cose create quasi colle stesse parole si esprimono che nella sacra Genesi. Dal che parmi di poter raccogliere conghietturando l’antichità degli Etruschi, che o dagli Ebrei o da’ popoli confinanti agli Ebrei dovesser certo discendere, se sì viva si mantenne tra essi la tradizione della creazione, e di errori ingombra assai meno che presso le altre nazioni1.

XXI.

In mezzo alle loro superstizioni si vede qualche barlume di buona Fisica.

Così si fossero essi nella purezza del culto, che a Dio si dee, attenuti più fedelmente alla tradizione de’ primi loro Antenati, e a’ libri santissimi di Mosè. Ma in questo punto essi degenerarono bruttamente. Non vi ebbe forse in tutta l’antichità nazione alcuna, che nella superstizione andasse tant’oltre. Arnobio giunse a chiamar l’Etruria genitrice e madre di superstizione2. L’ispezion delle viscere degli animali e l’osservazione de’ fulmini erano la principal loro occupazione. Quindi que’ tanti libri rituali, fulgurali, aruspicini, acherontici, pontificali, reconditi, di cui veggiam fatta menzione dagli antichi autori3; quindi i fa-

  1. Niuno tra’ moderni Scrittori ha sollevata a più alto grado di perfezione la Filosofia degli Etruschi di quel che abbia fatto il valoroso Antiquario Giambatista Passeri. Egli si è fatto a provare, che l’arcano loro Filosofia ammetteva un solo Dio; che oltre la Religion naturale essi ammisero ancora la rivelata; che riconoscendo un Dio solo ed eterno ne riconobbero insieme qualche generazione; ch’essi dicevano l’uomo essere stato da Dio formato dal fango; che osservarono non solo pel lume della ragione, ma per la Religion rivelata ancora lo stato infelice dell’umana natura decaduta dall’antico suo primiero grado; che ne’ Genj adombrarono gli Angeli, e un di essi ammisero per capo degli altri, e che ebber notizia della caduta degli Angioli ribelli; che asserirono l’anima essere immortale; che credevano che i buoni dopo morte fossero trasformati quasi in altrettanti Dei; che eterne fosser le pene de’ reprobi, e che i più leggieri falli dovessero o con temporali gastighi in questa vita punirsi, o espiarsi nell’altra con pene di più breve durata, alle quali però potevasi da’ viventi recar qualche sollievo. In somma, se crediamo al Passeri, i più dotti tra gli Etruschi professavano in cuor loro a un di presso quella legge medesima, che professava il popol di Dio (Picturæ Etrusc. in Vasc. vol. II p. XI &c.). Ma io temo, che questa Dissertazione invece di accrescere l’onor degli Etruschi sia per confermare nella loro opinione alcuni, i quali non troppo riconoscenti alle grandi fatiche degli Antiquari per poco non li rimirano come sognatori, che in un vaso di creta o in un pezzo di marmo o di bronzo s’immaginano di veder cose a tutti gli altri nascoste.
  2. Lib. VII.
  3. V. Maffei della nazione Etrusca nel tom. IV delle Osserv. letter. pag. 56.