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sua calma olimpica e con la sua risoluta volontà. È un carattere lirico, non è un carattere eroico. E come il Petrarca, è natura subbiettiva, che crea di sè stesso il suo universo.

Se fosse nato nel medio evo sarebbe stato un santo. Nato fra quello scetticismo ipocrita e quella coltura contraddittoria, vive tra scrupoli e dubbii, e non sa diffinire egli medesimo, se gli è un eretico o un cattolico, più crudele e inquisitore di sè, che il Tribunale dell’inquisizione. Cominciò molto vicino all’Ariosto col suo Rinaldo. E gli parve che non se ne fosse discostato abbastanza con la sua Gerusalemme Liberata. Scrupoli critici e religiosi lo condussero alla Gerusalemme conquistata, ch’egli chiamava la vera Gerusalemme, la Gerusalemme celeste. E non parsogli ancora abbastanza, scrisse le sette giornate della creazione.

Se in Italia ci fosse stato un serio movimento e rinnovamento religioso, la Gerusalemme sarebbe stato il poema di questo nuovo mondo, animato da quello stesso spirito che senti nella Messiade o nel Paradiso perduto. Ma il movimento era superficiale e formale, prodotto da interessi e sentimenti politici più che da sincere convinzioni. E tale si rivela nella Gerusalemme liberata.

Il Tasso non era un pensatore originale, nè gittò mai uno sguardo libero su’ formidabili problemi della vita. Fu un dotto e un erudito, come pochi ce n’erano allora, non un pensatore. Il suo mondo religioso ha de’ lineamenti fissi e già trovati, non prodotti dal suo cervello. La sua critica e la sua filosofia è cosa imparata, ben capita, ben esposta, discorsa con argomenti e forme proprie, ma non è cosa scrutata nelle sue fonti e nelle sue basi, dove logori una parte del suo cervello. Ignora Copernico, e sembra estraneo a tutto quel gran movimento d’idee che allora rinnovava la faccia di Europa, e allettava in pericolose meditazioni i più nobili intelletti d’Ita-