Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/319

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esilii, con le torture e coi pugnali, vi rientrarono sotto la protezione delle idee cristiane. La riforma era detta il platonismo cartesiano, ed aveva aria di ribenedire la religione in nome della filosofia. L’inquisizione, in quel movimento rapidissimo d’idee, preoccupata di Spinosa, aperto nemico, lasciava passare il nuovo Platone, che almeno non toccava i dogmi. I peripatetici invocarono l’inquisizione contro i novatori, e i novatori rispondevano, proclamando Aristotile nemico della religione. Così il movimento ricominciava in Italia, col permesso o almeno la tolleranza di Roma. Ed era movimento arcadico, confinato nelle astrattezze e rispettoso verso tutte le istituzioni. Il movimento rimaneva superficiale, ma si diffondeva, guadagnava gli animi alle novità, sopraffaceva i peripatetici, s’infiltrava nella nuova generazione, la metteva in comunione coll’Europa, preparava la trasformazione dello spirito nazionale.

Il serio movimento scientifico usciva di là, dove si era arrestato, dal seno stesso dell’erudizione. Lo studio del passato era come una ginnastica intellettuale, dove lo spirito ripigliava le sue forze. Alle raccolte successero le illustrazioni. E vi si sviluppò uno spirito d’investigazione, di osservazione, di comparazione, dal quale usciva naturalmente il dubbio e la discussione. Lo spirito nuovo inseguiva gli eruditi tra quegli antichi monumenti. Già non erano più semplici eruditi, erano critici. In Europa la critica usciva dal libero esame e dalla ribellione; era roba eretica. In Italia era parte di Arcadia, un esercizio intellettuale sul passato, e li lasciavano fare. Il critico di Europa era Bayle; il critico d’Italia era Muratori. Le sue vaste e diligenti raccolte, Rerum italicarum scriptores, Antiquitates medii aevi, Annali d’Italia, Novus Thesaurus Inscriptionum, la Verona illustrata e la Storia diplomatica di Scipione Maffei, le Illustrazioni del Fabbretti segnano già questo