Pagina:Storia della letteratura italiana II.djvu/65

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Ire redire rates...
Sunt ibi costerae freschi tenerique botiri,
In quibus ad nubes fumant caldaria centum,
Plena casoncellis, macaronibus, atque foiadis.
Ipsae habitant Nimphae, super alti montis aguzzum;
Formaiumque tridant grataloribus usque foratis.

E non è meno originale il suo stile. Della nuova letteratura i grandi stilisti sono il Boccaccio, il Poliziano, l’Ariosto. Costoro narrando fanno quadri, ciò che costituisce il periodo. Ti offrono le cose dipinte, sono coloristi: Merlino dipinge le cose con altre cose, i suoi colori non sono concetti o immagini, sono fatti. Ha poche reminiscenze classiche: tra lui e la natura non ci è nulla di mezzo. La sua immaginazione non rimane nella vaga generalità delle cose, ma scende nel più minuto della realtà e ne cava novità di paragoni e di colori. I fatti più assurdi e fantastici sono narrati coi più precisi particolari, ed hanno l’evidenza della storia, e ti rivelano un raro talento di osservazione dell’uomo e della natura, non nelle loro linee generali solamente, ma nelle singole e locali forme della loro esistenza. Veggasi la descrizione della caverna di Eolo, e della tempesta, e le disperazioni di Cingar:

Solus ibi Cingar cantone tremebat in uno,
Atque morire timens, cagarellam sentit abassum.
Undique mors urget, mors undique cruda menazza
Infinita facit cunctis vota ille Beatis,
Jurat, quod cancar veniat sibi, velle per omnem
Pergere descalzus mundum, saccove dobatus.
Vult in Agrignano sanctum retrovare Danesum,
Qui nunc vivit adhuc vastae sub fornice rupis,
Fertque oculi cilios distesos usque genocchios.
Ad zocolos ibit, quos olim Ascensa ferebat:
Quos in Taprobana gens portugalla catavit;
Hisque decem faciet per Frates dicere messas.