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Lo stesso 1 gennaio con atto del cardinale Gizzi vennero ad abolirsi i due tribunali criminali dell’uditore della Camera e del Campidoglio, e con atto successivo del 3 fu proibita la estrazione per l’estero del grano e granturco. Entrambe queste misure vennero favorevolmente accolte dal pubblico.1

Risonavano ancora alle orecchie dei Romani le melodie della cantata nella sera del 1; riepilogavansi ancora gli episodi della mattina, e la colomba che spiccava il volo dalla loggia del Quirinale, e il raggio di luce che venne, squarciando le nubi, a posarsi ov’era il pontefice, quasi annunziatore di lieti presagi, e l’effetto imponente delle centinaia di voci di tutti que’ giovani che all’aria aperta inneggiavano al pontefice, quando nuovi sentimenti di sorpresa, di gioia e di ammirazione vennero ad aggiungersi a quelli di cui era inebriato il popolo romano verso il pontefice, che divenuto era l’idolo, in quel tempo, di tutti i cuori, il centro di tutte le speranze.

Ricorreva l’ottavario della Epifania, che celebravasi nella chiesa dei padri Teatini in sant’Andrea della Valle.

Attendevasi il padre Ventura per sermoneggiare, quando con sorpresa universale si vide apparire sul pulpito il Santo Padre.

Fatto esso un cenno per imporre silenzio, si compose in atto di voler dire qualche cosa al pubblico. Pronunziato ch’ebbe per prime parole: «Miei amatissimi figli,» un senso d’ineffabile dolcezza scese nel cuore di tutti.

Ringraziati quindi i Romani delle rispettose dimostrazioni di venerazione e di amore pel primo dell’anno, prese a recitare una predica commoventissima contro il vizio della bestemmia, e quello della lussuria.

L’impressione prodotta sull’affollatissimo uditorio non è da potersi immaginare, nè con adeguate parole esprimere.2


  1. Vedi il Diario di Roma del 5 gennaio 1847.
  2. Vedi il Diario di Roma del giorno 19 gennaio 1847. — Vedi il Roman Advertiser, n. 106. — Vedi la Pallade di Gerardi, n. 42. — Ved. il