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della rivoluzione di roma | 191 |
[Anno 1847]
Roma era lanciata nella vita pubblica, la stella polare era la politica, e ad essa l’attenzione pressochè universale era rivolta.
A questo fine gli elementi interni non iscarseggiavano, ma gli esterni, formati in gran parte dagli amnistiati e dai loro amici, non potevano più contenersi. Il regno del pensiero era instaurato, e forza umana non sarebbe riuscita ad arrestarne la potenza irresistibile.
In Roma avevansi gli uomini nuovi della rivoluzione, ed i vecchi convertiti a più moderate opinioni, come gli Armandi, gli Orioli, i Silvani, i quali erano stati i direttori supremi della rivoluzione del 1831.1 Questi rappresentavano la parte che trattener voleva il movimento affinchè non trasmodasse, e con questi andava di conserva il d’Azeglio, che chiamavano il factotum del giusto mezzo.
Gli Sterbini poi, i Masi, i Dragonetti, i Torre, i Gazòla, i Canino, i Matthey, i Zauli-Saiani, avrebber voluto il progresso indefinito. Andare avanti era il loro motto, spingere alla rivoluzione il lor desiderio.
- ↑ Vedi la Storia della rivoluzione di Romagna del 1831, di Antonio Vesi. Firenze 1851, voi. I, in-12.