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Di leggieri quindi persuaderassi ognuno che siccome ove regna il pensiero gli scrittori divengono essi gli arbitri della pubblica opinione, così Roma, fra i direttori di stampa vecchia e quelli di stampa nuova, era caduta sotto l’impero dei direttori del pensiero, i quali, vogliasi o non vogliasi, tracciavan di fatto il compito della vita pubblica. Essi in somma gli educatori, i consiglieri, i ministri, e Roma la pupilla affidata a cosiffatti tutori, fra i quali, è ben rammentare, non vi aveva un solo Romano.

Gli aderenti al governo poi sia in Roma, sia altrove, numerosi, ma inetti. Inetti non solo nell’agire, ma perfin nel sostenerlo e difenderlo dagli attacchi continuati dei suoi nemici. Ovunque la prudenza comandò il silenzio, e così l’ardire dei pochi prevalse alla prudenza dei moltL L’immenso numero poi degli egoisti, banderuole di ogni vento che nella classe dei burocratici non iscarseggiano, davan sempre, come al solito, ragione all’ultimo che parla, e questi son da tenersi a calcolo; cosicchè alla irruzione sempre crescente delle idee nuove non sentivi e non vedevi opposizione veruna, e già prevedevasi che di questa guisa procedendo, sarebbe rimasto loro aperto il non contrastato passo.

L’autorità pure era peritosa, e non teneva sempre un linguaggio franco e deciso. Se negli altri la prudenza era grande, in essa compariva grandissima. Quasi avresti detto, esaminandone gli atti, esservi qualche cosa di simile fta il volere e il disvolere al tempo stesso. Non rimproveri agl’intemperanti, non parole confortevoli ai sostenitori delle sane dottrine.

Intanto il fuoco ardeva nascosamente, e conveniva provvedervi perchè non divampasse. Già i foglietti clandestini in Toscana esercitavan la loro pressura su quel governo, che inquietato dalla loro petulanza, finì col promulgare la legge sulla stampa.

Anche in Roma racconta il Montanelli1 che fu messo

  1. Vedi Montanelli, Memorie, vol. I, pag. 141.