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definitivi, nel 1847 esso fu peggiorato; imperocchè il disavanzo presunto di scudi 757,223, 87, si elevò in realtà a scudi 1,341,108, 48 4/3.

D’altra parte si ammetterà da chiunque non essere stato possibile alcun miglioramento dì finanze nell’anno 1847, perchè, come abbiamo raccontato più sopra nelle presenti carte, ce la passammo dal principio al fine dell’anno 1847 in feste, tripudi, baldorie e sbalordimenti continui, da costituire in somma un andamento di cose talmente irregolare, che è da stupire piuttosto come il dissesto finanziario non fosse anche maggiore.

Si gridò molto dai novatori contro l’amministrazione delle finanze pontificie, ma ci si dica poi se in fatto apparisce che si studiassero di apportarvi un qualche rimedio, e di esercitare su questo ramo importante il loro ingegno? Scrivevano, e parlavano, e pubblicavano opuscoli in quel tempo i d’Azeglio, i Masi, gli Sterbini, i Canino, i Guerrini, i Matthey, i Zauli-Saiani, i Tommasoni: ma fra questi opuscoli che leggevansi avidamente, o nei discorsi che con attenzione ascoltavansi, non ci rammentiamo che ve ne fossero sopra studi di finanza o di economica amministrazione dello stato, e tutti raggiravansi sulla indipendenza, sulla nazionalità, sull’autonomia, sugli orrori commessi dai Gesuiti e cose simili. Ed altri opuscoli pure non sappiamo nè d’onde nè da chi pubblicati diffondevansi, e ve n’eran pure di quelli (ci serviremo delle stesse parole del professor Montanelli)1 che trattavano dello stedescamento di Lombardia, o dello spretamento di Roma.

Ma se non pensarono i novatori di ammaestrarci sulle 30se di finanza, vi pensò bene monsignor Morichini eletto tesoriere il 2 agosto del 1847, mediante la pubblicazione di un suo rapporto presentato al Santo Padre il giorno 20 sulle finanze dello stato pontificio.


  1. Capitolo summentovato la Guardia civica.