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Intanto nel palazzo Theodoli ài Corso, ov’era il circolo dei negozianti, davasi un solenne banchetto dai Piemontesi che trovavansi in Roma, banchetto che per verità era stato ordinato da vari giorni, il cui oggetto era quello di festeggiare la costituzione. Il marchese Pareto ministro sardo, apparso sul balcone, pronunziò parole allusive a tale occasione. Apparve pure il marchese Massimo d’Azeglio in compagnia del generale Giovanni Durando, ed agli applausi che indirizzavansi al primo, questi con un significativo volger di testa verso il Durando, accompagnato dal gesto, parve dicesse Ecce homo, per indicare che non era più tempo di parole ma di cannoni, e che alle concioni eccitatrici tempo era di sostituire le armi e lo squillo delle trombe guerriere. Gli evviva fragorosi all’Italia, a Pio IX, a Carlo Alberto, ai Lombardi si fecer sentire dalla strada. Terminato il banchetto, recossi il corteggio festeggiante a salutare i Francesi nel loro casino. Quivi abbracci, espansioni e parole di fratellanza. Le signore ch’erano al concito uscirono alF aria aperta, entrarono in vari cocchi, e colle bandierette tricolori spiegate nelle mani, percorsèro festanti una parte del Corso fra gli applausi dei circostanti. Le signore eran tutte lombarde e piemontesi, e della classe sotto ogni rapporto più ragguardevole. Si era nell’ultima domenica di carnevale, giorno in cui il Corso suole essere più frequentato del solito. Può quindi immaginare ognuno quali ovazioni, e quali applausi riscotessero le donne italiane e le bandierette tricolori che seco recavano.1

Queste cose accadevano il primo giorno in cui si conobbero con certezza gli avvenimenti di Francia. Ma ai dispacci giunti al francese ambasciatore, si facevan le giunte, raccontando, discutendo, ampliando, travolgendo ogni cosa. Dicevano alcuni essere già in marcia un’armata

  1. Vedi la Pallade, nel foglio aggiunto al 6 marzo 1848. — Vedi L’Italico, del 6 marzo, ove sono narrate le più minute particolarità.