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monte. Convinti che in quest’ultimo paese i nostri soldati non potevano rimanere, desiderosi di assicurar loro, almeno pel momento, di che vivere onoratamente, noi li mettevamo al servigio di quella repubblica, libero essendo ai soldati che non amassero tentar la sorte colà, di chiedere prima d’imbarcarsi il congedo, e agli ufficiali di dare, una volta arrivati, la loro dimissione.

» Se giungendo, noi trovavamo accesa la guerra civile, era nostro fermissimo intendimento di rimanere a qualunque prezzo neutrali. A ciò che la maggioranza del popolo romano avrebbe deciso, i nostri si sarebbero piegati; e uomini che non politici erano ma semplici soldati, non erano tenuti a convinzioni sì profonde, che non potessero ugualmente servire una repubblica o una ristorazione italiana. Quanto alla maggior parte degli ufficiali, ripeto, nè l’una nè l’altra avrebbero a cose ordinarie servito, e alcuni di noi s’imbarcavano colla domanda della loro dimissione già scritta. È superfluo che aggiunga per quali circostanze ci fu impossibile il pensare a dare effetto a tale divisamente.

» La partenza del battaglione Manara assumeva così un carattere assai meno grave di quello che gli uomini di partito le vollero ad ogni costo attribuire. Ridotta la questione ai minimi termini, erano seicento soldati i quali non avendo la facoltà di scegliere, venivan condotti dai loro ufficiali, che non volevan lasciarli, a procacciarsi pane onorato in una terra amica la quale poteva aver bisogno di loro.

» Chiamati alla difesa di una repubblica di cui avemmo a lodare in progresso la militare resistenza, ma i cui principi politici non erano i nostri, noi non ci piegammo mai a mascherare o disconfessare le nostre opinioni. Luciano Manara e una parte di noi mantenemmo sempre, a dispetto di mille dispute e di sciocche filippiche, sopra i cinturoni delle nostre spade l’onorata croce di Savoia, affine di chiarir chicchessia, che se noi eravamo primi