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L’acqua ch’era stata tolta dal fontanone di san Pietro in Montorio si vide in un subito ricomparire, e ciò mentre i Romani tentavano di farvi una mina per danneggiare i Francesi. Si disse che nella irruzione subitanea dell’acqua per l’acquedotto vi rimanessero annegati tre lavoranti.

Il Monitore annunziava con gioia il ritorno dell’acqua, e scherzevolmente proverbiava i Francesi di aver voluto, divertendola, assetare la città.1

Proposizione più sciocca di questa non potrebbe pronunziarsi. E chi è che ignori non esservi al mondo alcuna città la quale sia come Roma ricca di acque perenni, fresche e salubri, sia che faccian di se bella mostra nelle pubbliche fontane, sia che pe’ meati sotterranei delle case pacificamente trascorrano? .

E indipendentemente dall’acqua Paola non abbiamo gli acquedotti che ci conducono dall’esterno l’acqua Vergine e l’acqua Felice? E nell’interno della città non abbiamo alle falde del Quirinale numerose sorgive dell’acqua detta del Grillo? E se pure tutti gli acquedotti fosser tagliati, senza parlare dei pozzi numerosissimi, la sola acqua Sallustiana che a guisa di fiume sotterraneo scorre sotti»

la piazza Barberini non sopperirebbe essa un quantitativo sufficiente per dissetare gli abitanti di Roma? Abbiamo anche l’acqua di san Giorgio che scaturisce o si mostra in prossimità della cloaca massima, e che dall’archeologo Fea venne designata come l’antica acqua di Mercurio.

Che se pure i lamenti del Monitore si fosser limitati alla città Leonina cui l’acqua Paola disseta, tolta anche questa, è tanto ricca Roma di acque, che vi rimarrebbe pur quella detta delle Api, e l’altra detta Lancisiana, amendue nel recinto della città Leonina, che provvidamente allacciate, furono con apposite fontane rese di pubblico uso.

Laonde la insinuazione del Monitore, se fu odiosa e sconnessa, altrettanto si riconobbe per maligna e bugiarda. Su ciò basti.


  1. Vedi il Monitore del 24 giugno 1849, pag. 622.