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360 S t o r i a   dell’A r t e   greca

[Gladiatore della villa Borghese.] §. 14. Il così detto Gladiatore della villa Borghese, che fu trovato, come dicemmo, nello stesso luogo coll’Apollo, se vogliamo giudicarne dalla forma delle lettere, sembra essere la più antica statua di Roma, che abbia il nome dell’artefice. Non troviamo presso gli storici alcuna notizia di Agasia figlio di Dositeo che la scolpì, ma basita questo suo lavoro a farne conoscere l’abilità1. Come nell’Apollo e


nel


    strato Vita Apollon. l. 6. c. 2. v. 247., Vallois Des richess. du tempie de Delphes, Acad. des Infcr. Tom. cit. Hist. pag. 78. segg., ed altri tempj furono innaliati in altri luoghi, tra i quali era quello fra Pellene ed Egira, di cui scrive Pausania lib. 8. cap. 15. pag. 631., e quello in Asia, di cui Ateneo lib. 8. cap. 16. pag. 361. E. Per render memorabile sempre più quella vittoria, lo stesso Apollo istituì in Delfo i giuochi pitici, Ovidio Metam. lib. 1. vers. 445. segg., Igino Fab. 140., Tolomeo Efestione presso del citato Fozio cod. CXC. pag. 490. infine, Clemente Alessandrino Cohort. ad Gent. num. 2. pag. 29., i quali facevansi di tre in tre anni, e dopo i giuochi olimpici erano i più famosi, e nobili della Grecia. Vedasi il P. Corsini Dissert. agon. diss. iI. Pythia, pag. 29. segg. Vi si celebrava anche ogni nove anni un’altra festa di grandissimo concorso per solennizzar più distintamente la vittoria di quel nume, e la sua fuga a Tempe dopo la morte di Pitone, ad oggetto di purificarsi della contrattane immondezza: Septerium imitationem habet pugni Apollinis cum Pythone, & a pugna fugæ dei ad Tempe, Plutarco Quæst. græcæ, oper. Tom. II. pag. 293. B., Eliano Variar. hist. l. 3. c. 1., Eusebio De præpar. evang. lib. 10. cap. 8. pag. 482. C.
    Le statue, che furono erette ad Apollo come Pitio, doveano esser frequenti. Oltre quella d’oro, che stava nel detto suo tempio a Delfo, menzionata da Pausania l. 10. c. 24. pag. 857., questo fcrittore lib. 1. cap. 19. p. 44. princ. ne nomina una erettagli in Atene presso il tempio di Giove Olimpico, e l. 1. cap. 42. pag. 102. princ. un’altra a Megara di stile antichissimo simile all’egiziano. A lui era dedicata quella eziandio, della quale si è parlato nel Tom. I. pag. 121., fatta da Telecle, e Teodoto artisti di Samo antichissimi, Diodoro Biblioth. lib. 1. in fine, pag. 110.; e tale io credo quella fatta da Pittagora in bronzo, di cui ho parlato qui avanti p. 203. n. a., nominata da Plinio lib. 34. c. 8. sect. 19. §. 4., e per equivoco del dotto P. Paoli Della relig. de’ Gent. ec. par. iiI. §. LXVI. p. 177. confusa coll’altra statua d’Apollo Citaredo, detto Diceo, opera dello stesso artista, di cui Plinio parla dopo. Una in marmo bianco se ne ha nella villa Albani, data in rame, ed illustrata dal signor abate Raffei, ed altre adornano altri musei. Sulle monete poi quanto spesso non vedesi rappresentato l’Apollo Pitio?
    Ciò supposto, si renderà ben più probabile, che la statua del Vaticano appartenga al soggetto medesimo; e se si consideri l’atteggiamento di essa, in cui si vede chiaro l’atto di aver vibrato l’arco, e quello di partire per andare altrove, potrà non senza fondamento arguirsi, che vi si rappresenti Apollo nel momento di aver conseguita la vittoria, e d’incamminarsi a Tempe. Il serpe che si vede rampicato al tronco, e mezzo nascosto, sarà l’immagine di Pitone ivi maestrevolmente allogata dall’artista per non fare un gruppo rappresentandolo altrimenti; come fa la stessa figura quello, che tiene impugnato nella sinistra la citata statua della villa Albani, e quello, che vedesi in altre statue, e nelle monete: o se si volesse spiegare per simbolo della medicina, sarebbe riferibile al benefizio, che fece Apollo colla morte di quel serpente, il quale empieva di terrore il mondo, al dir di Ovidio loc. cit. vers. 438. segg.:

    .. Sed te quoque maxime Python
    Tum genuit (terra); populisque novis, incognite serpens,
    Terror eras, tantum spatii de monte tenebas;

    o finalmente secondo l’interpretazione di Macrobio loc. cit. alluderebbe alla dissipazionc operata dal sole de’ vapori maligni esalati dalla terra dopo il diluvio, simboleggiati dai poeti colla favola del serpente Pitone.

  1. Di un altro Agasia figlio di Menofilo parimente di Efefo si fa menzione in una iscrizione greca posta su una base portata dall’Asia in Amsterdam, e riferita dallo Sponio Miscell. erud. ant. sect. 4. p. 121. Vi si dice, ch’ei fece la statua eretta su quella base in Delo ad onore di Cajo Billieno figlio di Cajo, legato de’ Romani, da quei, che lavo-