Pagina:Storia delle arti del disegno II.djvu/99

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presso i Greci e presso i Romani. 93

ravano il cocchio di Diana. Possono eziandio questi animali, principalmente fu alcune monete della Magna Grecia, considerarsi come emblemi dell’agricoltura, e forse come tali furono impressi sulle più antiche monete si de’ Greci1, che de’ Romani2.

§. 8. Malgrado i vantaggi che ebbero gli artisti greci per formarsi l’idea della bellezza, questa però non nacque spontaneamente sulle opere loro, come l’oro nel Perù, nè seppero rappresentarla i primi maestri dell’arte, siccome appare dalle più antiche monete siciliane di que’ luoghi stessi, ove in appresso le monete più belle si coniarono. Appoggio a questa mia asserzione sono le antichissime e rare monete di Leonzio, di Messina, di Segeste, e di Siracusa da me esaminate nel museo Stoschiano. Due di quest’ultima città possono vedersi incise in rame alla fine del libro antecedente pag. 87.: la testa è una Proserpina, la quale, come le altre teste delle mentovate monete, è disegnata alla maniera della testa di Pallade sulle più antiche monete ateniesi, e in una statua di questa dea nella villa Albani. Non son belle le forme di nessuna parte, e per conseguenza esser non può bello il complesso del tutto: gli occhi son lunghi e schiacciati; il taglio della bocca tira all’insù; il mento è meschino ed acuto, senza quel tondeggiamento che gli dà grazia; i capelli son messi a piccoli ricci somiglievoli agli acini d’uva, dai quali pur talora ebbero il nome presso i più antichi poeti greci3: per le quali cose sulle teste muliebri dalle sole sembianze non ben si distingue il sesso; e perciò alcune antiche teste muliebri


di


  1. Schol. Aristoph. in Avib. v. 1106.
  2. Plin. lib. 18. cap. 3. sect. 3. [ Plinio in questo luogo, e lib. 33. cap.. sect. 13. dice, che v’era impressa una pecora, da cui le monete furono dette pecunia. Varrone De vita Pop. Rom. lib. 1., e Plutarco in Poplic. oper. Tom. I. pag. 103. B., e Quæst. Rom. n. XLI. Tom. iI. pag. 274. in fine, scrivono, che vi fosse in qualcuna impressa l’effigie del bove, della pecora, e del porco.)
  3. Plutarch. Consol. Apoll., p. 196. [ Non ho trovato ove lo dica.