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qualche parte la città Leonina, rovinando fra le altre fabbriche il lungo portico fatto dai Sommi Pontefici dalla Mole Adriana sino alla basilica di s. Pietro; e l’altro dalla porta Ostiense sino alla basilica di s. Paolo. Alla terza nell’anno 1084. dopo avere rovinati gli altri edifizj della città Leonina, seppe corrompere con danari molti del popolo, e de’ magnati, i quali già fianchi per tre anni di molestie, e di afflizioni, gli aprirono le porte senza contrario1. Entratovi dentro, andò a metter quartiere colle sue milizie presso il Campidoglio, in gran parte sin allora conservato, al quale attaccò fuoco per cacciarne la potente famiglia dei Corsi, che aderiva al Papa; indi passò ad assediare il mentovato Settizonio, ancora intiero, ove, per la sua fortezza non minore di quella della Mole Adriana, si era ritirato Rustico nipote di s. Gregorio per parte di fratello. Tanto fu battuto l’edilizio con macchine di varia specie, che rotte, e fracassate alcune colonne delle più deboli, Rustico fu necessitato ad arrendersi.

Maggior guasto avrebbe fatto Enrico alla città, se in quel frattempo il duca di Puglia Roberto Guiscardo venuto in soccorso del Pontefice, non lo avesse obbligato a fuggirsene per paura; mettendo però, come scrivono alcuni, nuovamente fuoco al Campidoglio. Ma Roberto fu più crudele, e barbaro di lui. Mentre si avvicinava alla città gli furono chiuse in faccia le porte da que’ magnati, e dal popolo, che ancora favorivano Enrico, promettendogli bensì molte cose; alle quali non prestando né orecchio, né fede il Guiscardo, gli venne fatto d’introdursi per la porta Flaminia, che gli fu aperta da qualche amico. Vi accorse tosto il po-


polo


  1. Pandolfo Seniore Histor. Mediol. lib. 4. cap. 2. presso il Muratori Tom. IV. pag. 119. dice, che Enrico entrò in Roma per bravura de’ suoi, i quali diedero la scalata alle mura nel mentre che le guardie dormivano. Anche gli altri scrittori da citarsi qui appresso variano fra di loro in qualche piccola circostanza, che non valuto a questo proposito.