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Pagina:Storia di Milano I.djvu/103

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capo terzo 79

genere; esamini, chi il brami, più minutamente gli storici, e veda poi se le querele sopra i costumi presenti sieno fondate; ovvero se in vece non vi sia ragione di offrire umili voti di riconoscenza a Dio. Dalla infelicità di quel secolo si conosce che vizio e miseria stanno collegati con nodi indissolubili; e che se qualche poco di bene e di felicità può godersi sulla terra, questa è riserbata per l’uomo retto e saggio. Una occhiata sullo stato delle arti e delle lettere in que’ barbari tempi, servirà a distraerci dai veneficii, dagli accecamenti e dalle insidie che compongono la storia di quegli anni. Poichè si dovette tumulare in Milano l’estinto re Lotario, tanto era lontana ogni idea della erudizione, che, per formarne l’urna sepolcrale, si ruppe una gran tavola di marmo, in cui eravi scolpita un’iscrizione di Plinio, e segata questa, si formò l’avello, rovesciando dalla interior parte del sepolcro i caratteri; di che ce ne fanno testimonianza il Calchi e l’Alciati, i quali la riconobbero e ne pubblicarono i frammenti1. La lingua latina scrivevasi coi più strani solecismi: alcuni pochi esempi ne daranno idea. Un diploma di questi tempi comincia così: Dum in Dei nomine, civitate Pisa ad Curte Domnorum regum, ubi Domnus Hugo et Lotharius gloriosissimi regibus preessent, subtus vites, quod topia vocatur, infra eadem Curte, ec.2 Una sentenza comincia così: Dum in Dei nomine, ad monasterium sancti, et Christi confessoris Ambrosii, hubi ejus umatum corpus requiescit, ubi Domnus Lambertus piissimus imperator preerat, in Domum ejusdem

  1. Tristani Calchi Hist. Patr, Lib. I, pag. 18 — Alciati, lib. II, pag. 125.
  2. Muratori, Antiq. Med. Aev. tomo I, pag. 953.