Pagina:Storia di Milano I.djvu/383

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un tesoro, poichè veniva stimato allora ventiseimila fiorini d’oro. Ma questa pieghevolezza di Matteo Visconti non bastò a concigliargli l’aderenza del papa; il quale voleva esclusi i Visconti dalla dominazione, assoggettato l’Impero, e dipendente l’Italia. Giovanni XXII spedì nella Lombardia il cardinale Bertrando del Poggetto in qualità di legato, il quale dichiarò l’Impero vacante; nulla l’elezione di Lodovico il Bavaro; creò vicario imperiale il re Roberto di Napoli; comandò a tutto il clero di Lombardia di ubbidire al nuovo vicario imperiale; e finalmente intimò a Matteo Visconti di doversi presentare in Avignone al papa per rendergli conto dei delitti che gli erano imputati. L’affare era serio, perchè era già in marcia alla vòlta della Lombardia un’armata di Francesi, comandata dal conte del Maine, in nome del nuovo vicario il re Roberto di Napoli. Matteo, richiamando Galeazzo da Piacenza, Marco da Genova, e Luchino da Pavia, radunò tutte le sue forze, le quali consistevano in cinquemila cavalli e quarantamila fanti. Il comando venne affidato a Galeazzo e non a Marco, fors’anco perchè non si doveva decidere la questione colle armi. Marciò l’armata sino verso Sesia nel Piemonte, ove si trovò in faccia i nemici. Pose le sue tende Galeazzo; indi spedì al conte del Maine due botti d’argento, che si dicevano piene di generoso vino; facendogli dire ch’ei provava sommo rincrescimento nel vederselo nemico, sì per l’ossequio ch’ei professava alla casa di Francia, quanto per essere stato ei medesimo onorato del cingolo della milizia dal conte di Valois, di lui padre.