Pagina:Storia di Milano II.djvu/108

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Ognun quanto più può, fa del disposto,

Con sopraveste e fogge alte e leggiadre,

All’uso pur di quel buon tempo prisco,

Ch’ogni ornamento suo pagava el fisco.

La compagnia d’Èstor tutta ross’era;

L’altra di Dario candida si vede,

Che de’ Visconti la divisa vera

Bianca e rossa è, se al ver si presta fede, ecc.

Canto II.

Il Corio ci descrive l’urbanità, l’opulenza, il raffinamento e il lusso della corte di Lodovico, prima che sventuratamente promuovesse l’invasione dei Francesi. Spettacoli, giostre, tornei occupavano l’ozio felice di que’ tempi, ne’ quali quel signore compariva il più rispettato principe d’Italia. L’ambasciator veneto Ermolao Barbaro, spettatore di quei’ tornei, compose i seguenti versi conservatici dal Corio:

Cum modo constratos armato milite campos

Cerneret, expavit pax, Ludovice, tua.

Et mihi: surge inquit; circum sonat undique ferrum,

Me meus ejectâ Conditor arma parat.

Te rogo per Veneti sanctissima jura Senatûs,

Occurre ingenti, si potes, exitio.

Tunc ego: pone metum, Dea; te Lodovicus adorat,

Numine plus gaudet, quam Jovis, ille tuo.

Nec tu bella time, simulacra et ludrica sunt haec;

Misceri hoc tantum convenit arma loco.

I nunc, et coelo terras cole, Diva, relicto;

Sin minus, hic pro te sufficit, alta pete,

Sforciadasque tuos terrâ defende marique,

Et belli et pacis artibus egregios.

Frutto di questa universale coltura promossa dal duca e dalla giudiziosa scelta ch’egli sapeva fare degli uomini di merito, fu la riunione del canale