Pagina:Storia di Milano II.djvu/214

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questo disastro ne scrive un’altra cronaca citata dal Lattuada, ed è di Bernardino Forni di Gallarate. Il papa non tralasciò di far ravvisare la vendetta di San Pietro in questo avvenimento; e questo ancora contribuì non poco a sgomentare i partigiani francesi, e ad animare sempre più i loro avversari. Quindi còlta l’opportunità della violenza fatta sulle terre pontificie, e datane ai Francesi tutta l’odiosità, su pubblicò senz’altro la lega, e si radunò verso Bologna la già disposta armata.

Il papa Leone X spedì seicento uomini d’armi papalini, toscani e mantovani. Seicento altri uomini d’armi ne fece marciare da Napoli l’imperatore Carlo V. Diecimila fantaccini vi erano, parte italiani, parte spagnuoli, ed ottomila fantaccini oltramontani. Prospero Colonna comandava l’armata della lega pontificia; sotto di lui comandava Ferdinando d’Avalos, marchese di Pescara; ed era già in modo distinto in quell’armata Antonio da Leiva, soldato di fortuna, il quale ebbe poi molta influenza nel Milanese, come si vedrà. Il conte Guido Rangoni, Giovanni de’ Medici, principe della casa di Toscana, Girolamo Morone, vi si trovarono parimenti. A questa armata si unì un corpo di Svizzeri condotti dall’ostinatissimo cardinale di Sion. L’armata de’ collegati prese Parma. Gli Svizzeri stipendiati da Lautrec mancando di paga lo piantarono, dice Guicciardini. I collegati, dopo ciò, poco penarono ad impadronirsi del Milanese. Lautrec tentò invano a Vaprio di disputar loro il passaggio dell’Adda. Giovanni de’ Medici, montato su d’un cavallo turco, arditamente