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favola quarta 195

ritornarete voi mai piú? — A cui rispose Nerino: — Avendo io scampato il fuoco, di che piú temenza debbo io avere? — Or messi da canto questi ragionamenti, maestro Raimondo pregò Nerino che si dignasse d’andare il giorno seguente a desinar seco; ed il giovane accettò volentieri l’invito. Venuto il giorno seguente, maestro Raimondo invitò tutti e suoi parenti ed e parenti della moglie, ed apparecchiò un pomposo e superbo prandio: non giá nella casa che era mezza abbrusciata, ma altrove; e comandò alla moglie che ancor ella venesse, ma che non dovesse sedere a mensa: ma che stesse nascosta e preparasse quello che faceva mestieri. Raunati adunque tutti e parenti ed il giovane Nerino, furono posti a mensa; e maestro Raimondo con la sua maccaronesca scienza cercò de inebriare Nerino per poter poi fare il parer suo. Laonde avendoli piú volte pòrto maestro Raimondo il bicchiere pieno di malvatico vino, ed avendolo Nerino ogni volta bevuto, disse maestro Raimondo: — Deh, signor Nerino, raccontate un poco a questi parenti nostri una qualche novelluzza da ridere. — Il povero giovane Nerino, non sapendo che Genobbia fusse moglie di maestro Raimondo, cominciò raccontargli l’istoria: riservando però il nome di ciascuno. Avenne che uno servente andò in camera dove Genobbia dimorava, e dissele: — Madonna, se voi foste in un cantone nascosta, voi sentireste raccontare la piú bella novella che mai udiste alla vita vostra; venete, vi prego. Ed andatasene in un cantone, conobbe che la voce era di Nerino suo amante, e che l’istoria, ch’egli raccontava, a lei perteneva. E da donna prudente e saggia tolse il diamante che Nerino donato li aveva, e poselo in una tazza d’argento piena d’una delicata bevanda, e disse al servente: — Prendi questa tazza, e recala a Nerino, e digli che egli la beva, che poi meglio ragionerá. Il servente, presa la tazza, portolla alla mensa; e volendo Nerino bere, disse il servente: — Pigliate questa tazza, signore, che poi meglio ragionarete. — Ed egli, presa la tazza, beve tutto il vino; e veduto e conosciuto il diamante che vi era dentro, lo lasciò andare in bocca; e fingendo di nettarsi la bocca, lo trasse fuori,