Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/296

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scrima di poter più guerreggiare nè più difendersi. Il che vedendo, Guerrino tutto allegro rimase; e sceso giù della querce, prese un capestro, che seco recato aveva, e legollo, ed alla città così smassellato il condusse, e con grandissima allegrezza di tutto il popolo, sì come promesso aveva, al Re lo presentò. Il Re con tutta la città fece gran festa e trionfo. Ma a’ duo serventi crebbe doglia maggiore; perciò che non era empito il malvagio proponimento suo. Laonde d’ira e di sdegno accesi, da capo fecero intendere a Zifroi Re, come Guerrino con agevolezza ucciderebbe anche la cavalla, quando gli fusse a grado. Il che inteso dal Re, egli fece quello istesso che del cavallo fatto aveva. E perciò che Guerrino ricusava di far tale impresa, che veramente pesava, il Re il minacciò di farlo suspendere con un piede in su, come rubello della sua corona. E ritornato Guerrino all’ostello, raccontò il tutto al suo compagno; il quale sorridendo disse: Fratello, non ti paventare, ma va, e trova il maestro da cavalli, ed ordinali quattro altri ferri altrettanto maggiori de’ primi, che siano ben ramponati e pungenti, e farai quel medesimo che del cavallo fatto hai, e con maggior onore del primo adietro tornerai. Ordinati adunque i pungenti ferri, e ferrato il forte fatato destriere, all’onorata impresa se ne gì. Giunto che fu Guerrino al luogo dove era la cavalla, e sentitala nitrire, fece tanto, quanto per l’adietro fatto aveva; e lasciato il fatato cavallo in libertà, la cavalla se gli fè all’incontro, e lo salì d’un terribile e paventoso morso: e fu di tal maniera, che il fatato cavallo appena si potè difendere. Ma pur sì vigorosamente si portò, che la cavalla finalmente de un calcio percossa, della gamba destra zoppa rimase. E Guerrino, disceso de l’alta arbore, presela e strettamente legolla; ed