Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/104

Da Wikisource.

denti all’idea che quel bifolco di Luigi avrebbe potuto prendergliela. E non per gelosia (egli assicurava al signor Aghios), ma perché non ammetteva che un bifolco tale potesse divenire l’arbitro della vita di Anna. Che cosa sarebbe divenuta la dolce Anna nelle mani di un simile individuo? E egli, ora, voleva lui prenderla fra le braccia e portarla dolcemente traverso la vita. Egli non piú la desiderava. Egli oramai l’amava.

«Quando il desiderio s’accumula perde il suo aspetto e diventa amore. Tante cose a questo mondo accumulandosi mutano d’aspetto» disse sentenziosamente il signor Aghios. Non trovò subito il paragone e non fu contento di quello che trovò. «Guardi, la lietezza che produce il vino diventa ubbriacatura.» Poi, riflessivo: «È vero che pare che il desiderio sia piú furioso dell’amore che viene dalla sua accumulazione».

«Io non so» disse il Bacis stringendosi nelle spalle. «Per il momento e finché non potei parlare con Anna, io fui piú furioso in amore che nel desiderio. Adesso non so nemmeno io come io mi sia. Saltai dal letto perché in quello stato di abbiezione non potevo vivere per un solo istante. Dovevo nettarmi verso Anna. Mi vestii e saltai dalla finestra. I cani ringhiarono perché non erano usi a vedermi uscire tanto tardi. Ma a me non importava d’essere scoperto e camminai per la campagna col mio solito passo pesante. Arrivato dinanzi alla porta di Anna bussai. Essa dall’altra parte sussurrò: “Perché vieni? Sai bene che non posso”. Cercai di spiegarle il motivo della mia visita. Volevo solo parlarle. Ma essa non mi credette e sussurrò che parlare si poteva anche di giorno. Aperse quando ad alta voce dichiarai che se tuttavia avesse rifiutato di aprire, io avrei abbattuta la porta con un colpo di spalla. Allora aperse, ma per lungo tempo il nostro colloquio rimase violento, piú simile ad una lotta che ad un abbraccio. Io profondevo su lei tutte le parole piú dolci che mi si erano accumulate nell’anima, ma essa non mi credeva, perché pare che — senza neppur accorgermene — io ne avessi usate di simili anche nel desiderio, usando di tutti i mezzi per sottometterla piú presto. Poi seppi anche di un’altra causa che le impediva di credermi. Giovanni aveva parlato con lei e l’aveva