Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/456

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spazii bene illuminati che rivelavano ogni dettaglio. Già anche la vita umana piú matura è cosí.

Una malattia, intanto, una febbre, nel giovine organismo sono un avvenimento gravissimo. Era stato messo nella stanzuccia soleggiata di Adele che era andata a dormire nella stanza dei genitori. Ricordava: mamma Berta gli faceva dei bagni alla testa scottante e allora il refrigerio gli faceva spalancare gli occhi e vedeva tutto e capiva tutto. Si sapeva ben protetto. Alessandro correva su da bottega a sentire come andava e gli diceva barzellette per incorarlo. Anche nella febbre Marianno sorrideva ma ogni suono batteva sulla sua testa come il coltellaccio sulle doghe. E Alessandro era ben romoroso. Chiamò Berta per farle vedere come il fanciullo sorridesse e Berta lo baciò dalla contentezza. Poi finalmente se ne andarono e Marianno fu lasciato solo al suo delirio.

Numero 4

La mente di Marianno s’aperse il giorno in cui abbandonò l’ospizio. Da quel giorno ricordò. Non il caso aveva portato a maturità il fanciullo proprio in quell’istante tanto importante; ma l’avvenimento che sconvolgeva la sua giovine esistenza lo aveva spinto violentemente alla consapevolezza. Aveva aperto gli occhi dal sonno dell’infanzia come li apre il dormente se viene strappato dal suo giaciglio. E quel giorno restò nel suo ricordo come una muraglia. Al di là non un bagliore: La cieca vita della pianta.

La vita cosciente cominciò cosí: Una grande sala oblunga oscura con un Crocifisso in pietra in mezzo ai cui piedi ardeva un lumicino circondato da fiori freschi. Altri oggetti non vide. Dovevano poi esserci molte persone in quella sala ma egli non ne vide che una, Alessandro. Il suo futuro padrone, vestito a festa, era venuto a prenderlo e si dimenava per accompagnare una chiacchiera irruente e, al solito, spropositata. Marianno credeva di ricordare ogni parola: Diceva che finché ci sarebbe stato da mangiare per la famiglia sua, ce ne