Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/457

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sarebbe stato in abbondanza anche per il fanciullo. Prometteva che Marianno sarebbe andato a messa ogni domenica; talvolta anche in giorno di lavoro perché in casa c’era chi ci andava frequentemente. Egli stesso ci andava anche... qualche volta. Lavorava tutta la settimana e la festa la dedicava al riposo e un po’ anche all’osteria. Ma pochissimo! Un bicchiere, due al massimo.

Marianno credeva di ricordare anche delle parole mentre non ricordava oggetti e persone, ma poteva ingannarsi. Conoscendo Alessandro si poteva raffigurarselo esattamente in ogni data posizione! La chiacchiera che si componeva in gran parte di frasi fatte, di cui egli aveva una raccolta grande, esibita tutta in sequela spropositata in presenza di gente nuova serviva a celare una grande timidezza. Ciarlava e si dimenava cambiando di posto come per evitare un pericolo. Certo aveva anche detto ch’era ignorante ad onta che fosse stato a scuola per sei anni ma sempre nella stessa classe. Sua moglie dirigeva la casa e lui la bottega. Sua moglie era persona pratica. Eh! la sapeva lunga ed una donna capace vale molto. Qui deviava: Loro frati ne facevano senza... Poi si pentiva della mancanza di rispetto e parlava del mestiere che avrebbe insegnato a Marianno. Il bottaio! Un mestiere sicuro, quello. Si poteva fare senza carne a questo mondo ma non senza barili.

Questa prima persona che Marianno vide si alterò nel ricordo: Pareva ora lunga ora breve, larga e panciuta o sottile e minacciata di spezzarsi nell’ininterrotto dimenamento. Ma era sempre Alessandro. Certo col suo desiderio di gestire efficacemente costui avrebbe accettato ben volentieri tali espressive metamorfosi.

Ma un’altra cosa Marianno ricordò di quella scena. Staccandosi da lui qualcuno aveva pianto. Molti anni dopo gli venne la curiosità di sapere chi per lui avesse pianto e, in bottega, cessando di segare, ne fece domanda ad Alessandro. Ma Alessandro negò: Tutti avevano riso quel giorno. Il priore aveva riso tanto da mancargli il fiato. «Ti, sempio, ti ga pianto. Solo ti.»