Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/60

Da Wikisource.

chi aperti non somiglia ad uno che li ha chiusi. La madre era ben vestita con un fazzoletto di seta annodato sul capo in luogo del cappello. La sua faccina sotto a quel fazzoletto, un po’ incartapecorita forse dalle intemperie, era ammorbidita dagli occhi azzurri, serii, ma vivi. Il contadino era privo di colletto, ma vestito pulitamente alla cittadina. Quel fazzoletto sulla testa della contadina, nitido e bianco, era adorabile. La donna inchinavasi agli antenati per sottomettersi al marito che non li curava.

Il giovanotto nel cantuccio fu obbligato di ritirare le gambe. Lo fece senza dire una parola, ciò che al signor Aghios parve scortese, lui che voleva il suo viaggio soffuso di gentilezza. Del resto a lui pareva d’imbattersi in conoscenti e avrebbe voluto aprire loro le braccia. Doveva però diffidare, perché al signor Aghios mancavano due qualità: L’orientamento e il riconoscimento delle fisonomie. A Milano, dopo esserci stato tante volte, non sapeva andare da solo dalla stazione a piazza del Duomo ed era incapace di trovare sulla via chi conosceva ed incapace di non salutare tutti gli sconosciuti. Per essere sicuramente conosciuti da lui bisognava averlo praticato da molti anni. Come è tanto difficile di apprendere da vecchi una lingua, cosí egli non sapeva piú stampare nel suo cervello la fisonomia di gente nuova. Forse era la stessa deficienza che gl’impediva l’orientamento. Infatti, intorno al naso e agli occhi degli uomini, ci sono delle vie, androne e piazze di cui, per la loro minutezza, è difficile d’intendersi. Li conosceva o non li conosceva quei contadini? I biglietti ferroviari erano ora tenuti in mano, fissati negligentemente col pollice sulle altre dita robuste e rudi della donna, mentre a Milano li aveva tenuti il contadino. Ecco una differenza e il signor Aghios fu piú dubbioso che mai.

Anche il Borlini guardò quei biglietti. Si chinò all’Aghios, come per dirgli qualche cosa d’importante, e gli soffiò nell’orecchio: «Quei biglietti sono di terza classe».

Il treno correva da una decina di minuti e la fanciulla si guardava intorno come se cercasse qualche cosa. Poi si piegò sul grembo della madre e mormorò: «Mama, voio veder».