Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/69

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Fu una vera antipatia per il suo interlocutore che lo trascinò ad una discussione. Non bisognava permettergli di dire delle cose tanto ingiuste con quel tono di predicatore sicuro di sé. Seccamente, con piena sincerità, egli disse: «Io, invece, quando sono in famiglia penso a tutti loro e spero che quando sono assente tutti pensino a me». C’era la bugia nella seconda parte della dichiarazione, ma questa era risultata da un’istintiva modestia. Temeva di apparire troppo alto se avesse confessato che poco prima egli aveva desiderato che sua moglie, durante la sua assenza, non l’avesse ricordato. Troppo alto? Dicendo il suo intimo pensiero forse non avrebbe appartenuto tanto in alto1.

Il Borlini si mise a ridere, di un riso sonoro, a scatti, il rumore di un motore che s’avvia: «Ma questa è poesia; vera, futile poesia! Sarebbe ella forse un poeta travestito?».

Dapprima il signor Aghios senti la parola come un’insolenza. Travestito? Ma poi guardò in se stesso con curiosità. Egli credeva d’essere un uomo che desiderava tante cose non permesse e che — visto che non erano permesse — le proibiva a se stesso, lasciandone però vivere intatto il desiderio. Egli poi non ne parlava neppure e stava facendo delle asserzioni che dovevano celare meglio — negandoli — quei desiderii. Era perciò un poeta travestito? Se avesse cantato di quei desiderii non permessi sarebbe stato un poeta non travestito. E negandoli? Se per negarli avesse saputo elevare la voce fino al canto, anche negandoli sarebbe stato un poeta. Che bestia quel Borlini! Come può travestirsi un poeta? Tacendo? Non è un travestimento infatti ma perché il silenzio pensò l’Aghios. Nella vita si può essere bestia quanto si vuole, ma non un poeta se non si sa cantare la propria bestialità.

Disse con semplicità: «Non so neppure di quante sillabe si componga un endecasillabo».

«Undici» disse il Borlini. «Lei, greco, lo deve sapere. Si traveste ancora.»

«Ma che poeta» disse l’Aghios, ridendo un po’ compiaciuto

  1. Evidentemente intende: «non sarebbe giunto tanto in alto».