Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/250

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donde doveva giungere. Venne invece il Copler. Ora essa si diceva contenta del suo stato, ma lei e sua madre passavano le notti inquiete perchè l’aiuto che veniva concesso era ben precario. Se un giorno fosse risultato ch’essa non aveva nè la voce nè il talento per cantare? Il Copler le avrebbe abbandonate. Poi egli parlava di farla apparire su un teatro di lì a pochi mesi. E se ci fosse stato un vero e proprio fiasco?

Sempre nello sforzo di destare la mia compassione, essa mi raccontò che la disgrazia finanziaria della sua famiglia aveva travolto un suo sogno d’amore: il suo fidanzato l’aveva abbandonata.

Io ero sempre lontano dalla compassione. Le dissi:

— Quel suo fidanzato l’avrà baciata molto? Come faccio io?

Essa rise perchè le impedivo di parlare. Io vidi così dinanzi a me un uomo che mi segnava la via.

Era da lungo tempo trascorsa l’ora in cui avrei dovuto trovarmi a colazione a casa. Avrei voluto andarmene. Per quel giorno bastava. Ero ben lontano da quel rimorso che m’aveva tenuto desto durante la notte, e l’inquietudine che m’aveva trascinato da Carla era del tutto scomparsa. Ma tranquillo non ero. E’, forse, mio destino di non esserlo mai. Non avevo rimorsi perchè intanto Carla m’aveva promesso tanti baci che volevo a nome di un’amicizia che non poteva offendere Augusta. Mi parve di scoprire la ragione del malcontento che come al solito faceva serpeggiare vaghi dolori nel mio organismo. Carla mi vedeva in una luce falsa! Carla poteva disprezzarmi vedendomi tanto desideroso dei suoi baci quando amavo Augusta! Quella stessa Carla che faceva mostra di stimarmi tanto perchè di me aveva tanto bisogno!