Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/288

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le cancellature e legge tutto quello ch’è ancora percettibile nel nostro cuore. E si sa che non v’è modo di cancellarvi niente tanto radicalmente, come si fa di un giro errato su di una cambiale. Tutta la nostra storia vi è sempre leggibile e il vino la grida, trascurando quello che poi la vita vi aggiunse.

Per andare a casa, Augusta ed io prendemmo una vettura. Nell’oscurità mi parve fosse mio dovere di baciare e abbracciare mia moglie perchè in simili incontri molte volte avevo usato così e temevo che, se non l’avessi fatto, essa avrebbe potuto pensare che fra di noi ci fosse qualche cosa di mutato. Non v’era nulla di cambiato fra di noi: il vino gridava anche questo! Ella aveva sposato Zeno Cosini, che, immutato, le stava accanto. Che cosa importava se quel giorno io avevo possedute delle altre donne di cui il vino, per rendermi più lieto, aumentava il numero ponendo fra di esse non so più se Ada o Alberta?

Ricordo che, addormentandomi, rividi per un istante la faccia marmorea del Copler sul letto di morte. Pareva domandasse giustizia, cioè le lacrime ch’io gli avevo promesse. Ma non le ebbe neppure allora perchè il sonno mi abbracciò annientandomi. Prima però mi scusai col fantasma: «Aspetta ancora per poco. Sono subito con te!» Con lui non fui più, giammai, perchè non assistetti neppure al suo funerale. Avevamo tanto da fare in casa ed io anche fuori, che non ci fu tempo per lui. Se ne parlò talvolta, ma solo per ridere ricordando che il mio vino l’aveva tante volte ammazzato e fatto risuscitare. Anzi egli restò proverbiale in famiglia e quando i giornali, come avviene spesso, annunziano e