Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/313

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Le capitò un nuovo capriccio che dapprima mi sorprese e subito dopo teneramente mi commosse: volle vedere mia moglie. Giurava che non le si sarebbe avvicinata e che si sarebbe comportata in modo da non essere scorta da lei. Le promisi che quando avessi saputo di un’uscita di mia moglie ad un’ora precisa, gliel’avrei fatto sapere. Essa doveva vedere mia moglie non vicino alla mia villa, luogo deserto ove il singolo è troppo osservato, ma in qualche via affollata della città.

In quel torno di tempo mia suocera fu colpita da un malore agli occhi per cui dovette bendarseli per varii giorni. S’annoiava mortalmente e, per indurla a tenere rigidamente la cura, le sue figliuole si dividevano la guardia presso di lei: mia moglie alla mattina, e Ada fino alle quattro precise del pomeriggio. Con risoluzione istantanea io dissi a Carla che mia moglie abbandonava la casa di mia suocera ogni giorno alle quattro precise. Neppure adesso so esattamente perchè io abbia presentata Ada a Carla quale mia moglie. E’ certo che io, dopo la domanda di matrimonio fattale dal maestro, sentivo il bisogno di vincolare meglio la mia amante a me e può essere abbia creduto che quanto più bella avesse trovata mia moglie, tanto più avrebbe apprezzato l’uomo che le sacrificava (per modo di dire) una donna simile.

Augusta in quel tempo non era altro che una buona balia sanissima. Può avere influito sulla mia decisione anche la prudenza. Avevo certamente ragione di temere gli uomini della mia amante, e se essa si fosse lasciata trascinare a qualche atto inconsulto con Ada, ciò non avrebbe avuto importanza visto che questa m’aveva già dato prova che mai avrebbe tentato di diffamarmi presso mia moglie.