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ficoltà nella mia esposizione già tanto difficile. Quest’eliminazione non è che la prova che una confessione fatta da me in italiano non poteva essere nè completa nè sincera. In un deposito di legnami ci sono varietà enormi di qualità che noi a Trieste appelliamo con termini barbari presi dal dialetto, dal croato, dal tedesco e qualche volta persino dal francese (zapin p. e. e non equivale mica a sapin?). Chi m’avrebbe fornito il vero vocabolario? Vecchio come sono avrei dovuto prendere un impiego da un commerciante in legnami toscano? Del resto il deposito legnami della ditta Guido Speier & C. non diede che delle perdite. Eppoi non avevo da parlarne perchè rimase sempre inerte, salvo quando intervennero i ladri e fecero volare quel legname dai nomi barbari, come se fosse stato destinato a costruire dei tavolini per esperimenti spiritistici.

Io proposi al dottore di prendere delle informazioni su Guido da mia moglie, da Carmen oppure da Luciano ch’è un grande commerciante noto a tutti. A mio sapere egli non s’indirizzò a nessuno di costoro e devo credere che se ne astenne per la paura di veder precipitare per quelle informazioni tutto il suo edificio di accuse e di sospetti. Chissà perchè si sia preso di tale odio per me? Anche lui dev’essere un istericone che per aver desiderata invano sua madre se ne vendica su chi non c’entra affatto.

Finì che mi sentii molto stanco di quella lotta che dovevo sostenere col dottore ch’io pagavo. Credo che anche quei sogni non m’abbiano fatto bene, eppoi la libertà di fumare quanto volevo finì con l’abbattermi del tutto. Ebbi una buona idea: andai dal dottor Paoli.

Non l’avevo visto da molti anni. Era un po’ incanu-