Pagina:Svevo - La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti, 1929.djvu/148

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e la mia figliuola, poi, era acqua trasparente. La mia sfuriata era servita a conferirle importanza al cospetto di tutti, ed essa ne godeva con piena ingenuità. Io le diedi un bacio e sono sicuro di aver pensato ch’era una fortuna per me ch’essa fosse tanto lieta e contenta. Certo, per educarla, sarebbe stato mio dovere di ammonirla che non s’era comportata con me abbastanza rispettosamente. Non trovai però le parole, e tacqui. Essa se ne andò, e del mio tentativo di trovare quelle parole, non restò che una preoccupazione, una confusione, uno sforzo che m’accompagnò per qualche tempo. Per quetarmi pensai: — Le parlerò domani. Le dirò le mie ragioni. — Ma non servì. L’avevo offesa io, ed essa aveva offeso me. Ma era una nuova offesa ch’essa non ci pensasse più mentre io ci pensavo sempre.

Anche Ottavio venne a salutarmi. Strano ragazzo. Salutò me e la sua mamma quasi senza vederci. Era già uscito quand’io lo raggiunsi col mio grido: — Contento di andare al cinematografo? — Si fermò, si sforzò di ricordare, e prima di riprendere la sua corsa disse seccamente: — Sì. — Era molto assonnato.