Pagina:Svevo - Senilità, 1927.djvu/268

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ch’io me ne vada! — Parlava risoluta, ma non si mosse.

Le parole fecero a lui lo stesso effetto come se fossero state accompagnate dall’atto immediato. Ella voleva lasciarlo! — Aspetta prima un istante, che ci spieghiamo! — Anche nell’ira enorme che lo pervadeva tutto, egli pensò un momento se non fosse tuttavia possibile di ritornare allo stato di calma rassegnata in cui s’era trovato poco prima. Ma non sarebbe stato giusto di atterrarla e calpestarla? L’afferrò per le braccia per impedirle di andare, s’appoggiò al fanale che aveva dietro di sè e avvicinò la propria faccia sconvolta a quella di lei rosea e tranquilla. — È l’ultima volta che ci vediamo! — urlò.

— Sta bene, sta bene — disse ella occupata soltanto a liberarsi di quella stretta che le faceva male.

— E sai perchè? Perchè tu sei una... — Esitò un istante, poi urlò quella parola che persino alla sua ira era sembrata eccessiva, la urlò vittorioso, vittorioso del suo stesso dubbio.

— Lasciami — gridò ella sconvolta dalla rabbia e dalla paura — lasciami o chiamo aiuto.

— Tu sei una... — replicò egli che finalmente, vedendola irritata, poteva rinunziare a percuoterla. — Ma credi dunque che io da lungo tempo non mi sia accorto con chi abbia avuto da fare? Quando ti trovavo vestita da serva, sulle scale di casa tua — rammentò quella sera in tutti i particolari — con quello scialle grezzamente colorito sulla testa, le