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Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/205

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198 DEGLI ANNALI

pitano, finita la guerra: vedersi in Roma gli ambasciadori de’ Garamanti (cosa rara) morto Tacfarinata, sbattuti scolparsi col popol romano. A Tolomeo per riconoscenza de’ suoi meriti in questa guerra, i Padri, rinnovando l’antico costume, mandarono un senatore a presentargli il bastone dell’avorio1, e la toga dipinta, e chiamarlo re, compagno e amico.

XXVII. In quella state nacquero semi di guerra servile in Italia, e li spense la sorte. Mosse il tumulto Tito Curtisio, stato soldato di guardia, chiamando a libertà, prima con ragunanze segrete in Brindisi, e per quelle terre; poi con pubblici cartelli, schiavi rozzi e feroci dei boschi lontani; quando, quasi per grazia divina, v’arrivarono tre galee fatte per li passeggieri di quel mare. Eravi Curzio Lupo tratto, come s’usa, questore della provincia di Calle; il quale pose la gente di quelle galee in vari luoghi, e sbrancò la congiura in su ’l cominciare. E Cesare vi mandò prestamente Staio tribuno con buone forze, che ne menò il Capo e i principali a Roma, già impaurita per lo gran crescere delli schiavi, scemando la plebe libera.

XXVIII. In questo consolato nacque esempio miserando e atroce; un figliuolo accusò il padre; fu Vibio Sereno d’ambi il nome. Tratto lo infelice d’esiglio, e sucido, spunto, in catena, condotto in senato appetto al figliuolo, che lindo e gioiante, testimonio e spia insieme, diceva: „Aver suo padre

  1. I doni piccioli de’ principi grandi, come questi, e oggi Rosa, Tosone, Gerrettiera e simili, son grandi onori e favori.