Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/209

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202 DEGLI ANNALI


XXXIV. Avvenga che le nazioni e città si reggano, o dal popolo o da’ grandi o da uno. Forma di repubblica quindi tratta, si può più lodare che trovare o durare. Come adunque, quando la plebe, o quando i Padri, potevano, conveniva sapere la natura del popolo, e come temperarlosi: e chi intendeva andar del senato e de’ grandi, si diceva saputo e scaltrito navigatore a quei venti; così ora che lo stato è rivolto e comandalo un solo, queste minuzie ci bisogna speculare e notare; perché pochi sono i prudenti che discernano le cose utili e le oneste dalle contrarie; gli altri le apparano dagli altrui avvenimenti. Queste arrecano, benché utili, poco piacere; perchè descrizion di paesi, battaglie varie, morti di gran capitani, invogliano e tengono i leggitori; a noi toccano comandari atroci, accuse continove, precipizi d’innocenti, ingannevoli amicizie, e loro cagioni, riuscite spesso le medesime e tediose. Oltre a ciò gli scrittori antichi non sono lacerati, a niuno rilevando se tu le schiere romane o le cartaginesi vantaggi; ma, regnante Tiberio, furon puniti o svergognati molti, li cui posteri vivono. E quando fossero spenti; tale legge il peccato d’altri che l’ha, e credelsi rinfacciato; anche la virtù e la gloria ha dei nimici, quasi riprendenti troppo da vicino i loro contrari. Ma torniamo a nostra materia.

XXXIV. Essendo consoli Cornelio Cosso, e Asi-

    questa sua massima con un bel detto d’Eraclito, il quale ad alcuni che l’aspettavano fuori del fornaio, dove egli si scaldava, disse: Passate; non vi peritate, perchè anche qui abitano gl’Idii. Similmente nelle storie, anche ne’ minuti particalari sono insegnamenti.