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208 DEGLI ANNALI

ro, perch’ei pensava a ogni cosa; e vedendo quanto chi la togliesse s’alzasse, ragionò di Proculeio o di altri quieti e non curanti di stato. Ma guardisi quel che ei fece: la diede a Marco Agrippa, e poi a me. Mi ti sono aperto come amico, nè mi opporrò ai disegni tuoi e di Livia. Quello che ho pensato io, di come ancor più stretto interassarmiti, per ora non dico bastiti, che altezza non è che da coteste virtù e animo verso di me, non sia meritata; e con l’occasioni in senato e al popolo ne farò fede„.

XLI. Seiano non più del matrimonio, ma più alto temendo, de’ sospetti, del grido del popolo e della invidia si raccomandò; e, perchè serrando la porta a tanti che venivano a corteggiarlo si toglieva la potenza, e, aprendola, dava alle lingue che dire, prese a persuadere Tiberio che vivesse fuori di Roma in luoghi ameni, vedendovi molti vantaggi per sè. „Sarebbe padrone dell’udienze, e delle lettere, portandole i soldati: Cesare già vecchio, in quella ritirata impigrito, lascerebbe fare a lui ogni cosa; scemerebbe la invidia di tanta turba salutatrice; mancherebbe vanità, e crescerebbe vera potenza.„ Cominciò adunque a dire: „Che si levasse tanti negozi della città, tanta calca e tempesta di popolo, a celebrare la quiete e la solitudine, ove farebbe senza fastidi e dispetti le cose più importanti.„

XLII. Abbattessi in que’dì il giudizio di Vozieno Montano, uomo di grand’ingegno, a far risolvere Tiberio già piegato, a non voler più veder Padri, nè sentirsi rinfacciare sue vergogne e veri vituperi. Vozieno ebbe querela di satira fatta contr’a Cesare. Emilio soldato testimoniava tutte quelle brutture di gran volontà; eragli dato in su la voce, ed ei le pur