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LIBRO UNDECIMO | 411 |
disse: „Perdonami, se io più che Vezio e Plauzio ho chiusi gli occhi, nè anche ora gli adulteri t’accuserò. La cosa è qui: lasciagli la casa, i servi, l’arredo in mal’ora, e rendati la moglie: straccisi la scritta del matrimonio, non lo sai tu che Silio ha sposata Messalina coram popolò, senato e soldati? e se troppo balocchi, Roma sarà di questo marito bello„.
XXXV. Chiamò allora Turranio, caro sovra tutti, provveditor dell’abbondanza, e Lusio Geta generale della guardia, e disse: „È egli vero?„ dissero: „Sì; e ognuno quivi rumoreggiava che andasse in campo; fermasse quivi soldati; s’assicurasse prima e poi gastigasse. Certo è che Claudio per lo spavento domandava a ogni poco: „Chi era imperadore, egli o Silio?„ Ma Messalina più sfrenata che mai, faceva in casa le maschere de’ vendemmiatori nel buono dell’autunno: pigiare, svinare, femmine di pelli cinte saltare, quasi furiose baccanti o sacrificanti. Ella tutta scapigliata, brandiva il tirso, e Silio allatole, cinto d’ellera, in calzaretti, civettava col capo, facendoglisi intorno con grida disonesta danza. Dicono che Vezio Valente per capriccio inarpicò sopra un alto arbore, e domandato che vedesse, rispose: „Venire di verso Ostia un tempo nero„. Fosse vero o venutogli detto, indovinò.
XXXVI. Vennero da ogni banda messaggi, non pure romori, che Claudio sapeva tutto e veniva difilato al gastigo. Laonde Messalina si ritirò nel giardino di Lucullo; e Silio (per non mostrar paura) a’ suoi ufici de’ magistrati. Chi fuggì qua e chi là. Comparvero i centurioni, e presero i fuggiti fuori o nascosi, secondo che s’avvennero. Messalina, benchè