Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/237

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taglia ad accamparsi contro al nemico ; dì e notte mulinava, e menava, bisognando, le mani: maugiayasi a caso: vestiva poco meglio che soldatello, pari a’capitani antichi, levatone l’avarizia. Muoiano, per lo contrario, facean grande la magnificenza, la ricchezza , ogni cosa da maggiore, che privato : più atto era al parlare, disporre, provvedere: perito de’negozi civili; le virtù d’ ambi, congiunte, schiumate dei vizi, fatto avrieno al principato ottimo temperamento. Governando questi la Sorìa, quei la Giudea, v’era sempre che dire per la vicinanza e invidia. Per la morte di Nerone, diposti i rancori, incominciaro ad accomunare i consigli, prima per via d’ amici, poi per mezzo.di Tito; il quale tra loro nettò ogni ruggine, sapendo per natura e per arte ancora i costumi di Mudano addolcire. Guadagnavansi Tribuni, Centurioni e soldati, per industrie, licenze, virtù, piaceri, secondo le nature.

VI. Prima che Tito arrivasse, l’ uno e lvaltro esercito avea giurato perOtone; perchè le nuove volano, e la macchina della guerra civile era tarda a muoversi nel Levante, stato tanto senza ; essendosi quelle gran guerre trai cittadini in Italia e Gallia comin-** ciate con le forze di Ponente: e a Pompeo, Cassio, Bruto, Antonio, che tiraron la guerra civile oltre mare, male ne incolse. Cesari in Sorìa e Giudea, vi s’ eran più uditi che visti : legioni sollevate non mai : a’Parti solamente fatto paure, e con varia fortuna. L’ultima guerra civile travagliò ognuno: in Levante fu salda pace: e poi fede a Galba ; ma udendosi all’ ora Otone e Vitellio con iscelerate armi fare delle cose romane a chi più tira, quei soldati, perchè agli altrj non toccassero i premj dell’ imperio, e a Joro,