Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 2.djvu/275

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aspetto terribile, parlare orrido , si ridevan degli altri come da meno. Ma la macchina della guerra portava dimora ; e Vespasiano ora era tutto speranza, ora considerava i casi avversi: » Ho io ad avventurare me di sessant' anni , e due giovani figliuoli ? potere le private imprese cimentarsi ; e più e meno rimettersi alla fortuna : l' Imperio non aver mezzo : mandare in cielo o in precipizio ».

LXXV. Gli era in su gli occhi l' esercito di Germania poderoso, da lui, che dell'arte sapeva, ben conosciuto : le sue legioni in guerra civile sore, quelle di Vitellio vincitrici : nei vinti essere più querele che forze: nelle discordie poca fede: l'esser cinto d'armi o cavalli, che valere , se uno o altro soldato può tradirti per premio i Così essere stato morto Scriboniano sotto Claudio : così Volaginio , che l' ammazzò , salito di fantaccino a' primi gradi della milizia: potersi meglio spignere tatti , che guardarsi da ciascheduno.

LXXVI. Tentennandola egli tra queste paure , Legati e amici l' animavano : e Muoiano prima tra sè e lui, poscia presenti tutti, parlò in questa sentenza : » Qualunque volge l' animo a grande impresa, dee prima considerare se ella è util pubblico, gloria sua agevole o possibile almeno a riuscire : e se chi la consiglia , ci porta pericolo : e riuscendo , di chi fia tutto l'onore. Io ti chiamo, o Vespasiano, all' imperio : salutifero alla repubblica ; a te magnifico ; in mano tua , se gli Dii non mentono ; e perchè vegghi ch' io non t' adulo, l' esser eletto dopo Vitellio t' è vergogna più che onore. Noi non ci leviamo contro a quella gran testa del divino Augusto, a quel sagace vecchio di Tiberio, alla fondata casa per lungo