Pagina:Tartufari - Il miracolo, Roma, Romagna, 1909.djvu/287

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Ermanno si stupiva di averla convinta, giacchè nel suo spirito invece tutto era tenebroso, ed egli nutrì per un attimo il reo sospetto che la vita fosse bella e nobile in sè, all'infuori dei fallaci sistemi che l'intelletto umano si affatica a edificare gli uni sopra le rovine degli altri, ma sempre col materiale stesso, dannati sempre alla medesima caducità.

— Ermanno - ella disse.

— Cosa vuoi, Serena?

— Niente - ed ella ebbe un riso di bambina. - Ti chiamavo per sentirti rispondere.

Anch'egli avrebbe voluto fare altrettanto; ma un uomo, un chierico di ventidue anni e qualche mese, non può mostrarsi fanciullesco come una scherzosa ragazzina diciottenne, ond'egli tacque, e la voce del villanello ricominciò a cantarellare la strana canzone:

Lucciola, lucciola, calla, calla, Metti il piè sulla cavalla La cavalla del figlio del re, Lucciola, lucciola, vieni da me.

— Cosa vorrà dire? - Ermanno domandò.

Serena alla sua volta si mostrò ornata di rara sapienza:

— Sai, in queste cose non bisogna guardare il senso delle parole. È il suono che conta. Chiudi gli occhi e ascolta il suono; allora vedrai tante lucciole, tante lucciole e contadini in giro che battono le mani. Chiudi gli occhi.