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Pagina:Tartufari - Roveto ardente, Roma, Roux, 1905.djvu/123

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— E io? E io? — gridò Germano con ac cento di prorompente passione.

Flora lo guardò un attimo con occhi accesi d'ira, poi protestò indignata:

— Ma tu sposi Balbina! Egli strinse i pugni e pestò i piedi nell'impeto della sua collera impotente. — Tu sposi Balbina. Negalo, dunque! — Si, la sposerò, dovrò sposarla; ma ti adoro — disse Germano con voce roca per 1' empito dell'emozione, che gli gonfiava il cuore fino alla gola. — E mentre io ero ammalata, tu la vedevi ogni giorno; io avevo la febbre e tu stavi vi cino a Balbina; io ero moribonda e tu ridevi con Balbina — ripeteva Flora con l'espressione di chi si trovi obbligato a constatare un fatto in credibilmente mostruoso. — E' vero; è tutto vero; ma io ti amo, ti amo! — e, non sapendo cosa dire, non sapendo cosa fare, si cacciò le mani nei capelli con gesto scomposto di follia. — Allora, se mi ami, perchè ne sposi un'al tra? — domandò Flora, giungendo di nuovo le palme e stendendole verso di lui, a implorare la spiegazione dell'enimma crudele. Germano era sul punto di narrarle tutto; il trionfo impetuoso della carne durante i meriggi canicolari; la febbre che ella stessa gli aveva ac ceso nel sangue; le insidie della campagna e della solitudine; la sua inaspettata paternità; tutto il dramma così implacabile, eppure cosi lo gico, della sua presente situazione; ma il viso di Flora splendeva, anche nel dolore, di tale imma colata purezza, gli occhi di lei, sbattuti dalle la-